I dati agghiaccianti e la missione di Draghi
Di Riccardo Visentin
C’è da spaventarsi leggendo l’ultimo Rapporto sul Benessere Equo e Sostenibile stilato dall’Istat e pubblicato nell’aprile scorso.
In particolare sono due voci a fare paura: la
prima è quella dei Neet (Neither in Employement or in Education or Training),
ovvero quelle persone in età compresa tra i 15 e i 29 anni che non vanno a
scuola, non hanno un lavoro e non sono nemmeno in stato di formazione, che ha
toccato il 23,1%; la seconda riguarda, invece, il tasso dei laureati nel nostro
paese che si attesta al 26,8% e che non ci porta nemmeno lontanamente a
competere con il tasso medio dell’Ue, oggi al 41%.
Il primo dato che avete
letto, quello riguardante i Neet, è il tasso più alto nell’UE, mentre quello
sui laureati ci colloca negli ultimi posti della classifica dell’unione. Due
dati che personalmente mi hanno lasciato al quanto sconcertato, non tanto per i
loro risvolti negativi nelle “classifiche europee”, ma, ancor peggio, per il
fatto che non credevo possibile, in un paese avanzato e altamente civilizzato
come il nostro, storicamente legato alla cultura del lavoro e dell’istruzione,
soprattutto universitaria (ad esempio la Sapienza di Roma è capolista mondiale
per gli studi classici), poter trovare una situazione giovanile così degradata.
Il problema, come al solito
(in Italia), va trovato alla radice. Come ha ricordato il presidente dell’Istat
Carlo Blangiardo in occasione della pubblicazione del Rapporto: “le politiche
giovanili, nel nostro paese che invecchia, hanno di rado ricevuto attenzione
prioritaria e risorse adeguate […] è tempo di cambiare strategia”. La vera
grana in questa dolorosissima questione, per noi giovani, è che le proposte di
legge effettive non mancano o addirittura le leggi vere e proprie esistono già,
ma sono scarsamente finanziate e messe in secondo piano da ogni governo o/e da
ogni legislazione che sale al potere negli ultimi decenni. L’Italia è sempre
più un paese vecchio, ma proprio per
questo, per poter veramente ripatire, ha bisogno dei giovani e ha bisogno di
rendergli la vita il più facile possibile per potersi formare, per avere un
lavoro stabile e per poter realizzare i propri sogni e le proprie ambizioni,
siano esse elementari o più complesse.
Nel duemilaventi, l’attuale
premier Mario Draghi (ai tempi economista), pronunciò al Meeting di CL a Rimini
un discorso molto importante e significativo, nel quale, già allora,
sottolineava la scarsità dei sussidi a disposizione dei giovani italiani. Ma,
soprattutto, pronunciò una frase fondamentale, che, personalmente, sento di
voler condividere in quanto esprime un concetto che non dovrebbe mai essere
dimenticato da chi ci governa: “Privare un giovane del futuro è la più grave
forma di diseguaglianza”.
Due anni e una pandemia
globale dopo, quello stesso signore siede al posto più importante nel Consiglio
dei Ministri ed in mezzo a tutti i problemi che sta affrontando sembra non
voler dimenticare la lezioni che lui stesso impartì ai politici italiani a
Rimini, tanto che, con il suo team di governo, ha confezionato e messo in atto
diverse politiche giovanili; basti pensare, ad esempio, all’aumento degli
assegni familiari e al loro prolungamento per i figli fino ai ventuno anni di
età.
Dunque, la domanda sorge
spontanea: potrebbe essere finalmente arrivata la tanto auspicata svolta che
tanto aspettiamo e che tanto ci chiede l’UE sul piano delle politiche
giovanili? Se si, saprà continuare fino a far tornare le soglie dei due citati
punti del Rapporto dell’Istat? Anche nel caso in cui draghi dovesse terminare il
suo mandato nei prossimi mesi o anni?
La risposta sapranno
darcela solo il tempo...e i politici al governo e in parlamento.
Fonti
dati Istat: La Repubblica
Commenti
Posta un commento